Torino, il saluto di Benedetti: “Non finirà, il Toro è nel mio cuore. Sento il bisogno di staccare la spina”

Le parole di Silvano Benedetti, responsabile della scuola calcio del Torino, che lascia il club dopo 18 anni: “Esperienza unica, ma devo ricaricare le pile. Voglio dedicare tempo a famiglia e nipoti”

“Non mi sento ancora pronto per andare a vedere i cantieri, c’è bisogno di staccare un attimo la spina da un mondo stupendo. Un mondo che mi ha regalato emozioni, ma che mi ha anche impegnato. La scelta di prendere una pausa è per ricaricare le pile, per poi tornare nel calcio, che è il mio mondo”. Seduto su un sedile della tribuna dello stadio Filadelfia, Silvano Benedetti saluta ufficialmente il Torino dopo 18 anni da responsabile della scuola calcio. E’ un messaggio, quello di Benedetti a Torino Channel, intriso d’amore e di bellissimi ricordi. Si parte con un ringraziamento alla società, che ha più volte cercato di convincerlo a restare nelle ultime settimane: “Con Ludergnani ci siamo parlati già prima di Natale, lui ha provato a stimolarmi, ma la mia scelta è stata ponderata e presa da diverso tempo. C’è chi fa la Prima Squadra, chi fa il Settore Giovanile e chi fa la Scuola Calcio, se prendi il calcio con passione e serietà, ti occupa 24 ore su 24. Quando Ruggero si è presentato ha detto che il calcio al Toro deve essere 7 giorni su 7. Io l’ho corretto, per me qui è 8 giorni su 7. Non si finisce mai, dobbiamo essere sempre disponibili. Questa è anche un po’ la filosofia del presidente: lavorare tanto per ottenere i risultati. Quando faccio una cosa la devo fare bene. Dedicherò tempo alla famiglia e ai nipoti“.

Silvano Benedetti

GLI ANNI AL FILA – “Ho scelto questo posto per fare due chiacchiere perché tutto nasce qui. Sono arrivato negli anni 80 con i miei due fratelli, nell’ufficio dell’avvocato Cozzolino ho firmato il mio primo cartellino” continua Benedetti. “Avevo già fatto tre provini in Toscana, ma qui al Filadelfia Ellena mi ha dato la possibilità di essere del Torino. Arrivato nel cortile, mi dissero di andare a ritirare il materiale per il primo allenamento. Nel magazzino c’era Mario Ranzetti che mi disse di non rompere le scatole, sedermi e aspettare il mio turno. Il cuore già mi batteva a mille, si respirava un’aria di storia e famiglia”. Il racconto prosegue: “Qui ho avuto la fortuna di fare tante partite e tanti allenamenti. Ho giocato tanti derby Primavera con gli spalti pieni di gente, era uno spettacolo. In uno di questi dovevo marcare Giuseppe Galderisi, vincevamo 1-0 e mister Vatta mi urlava di non fare fallo su di lui al 90′. Io però ho fatto fallo, causando un rigore. Non vi dico quanto mi ha insultato: Galderisi realizzò il rigore. Però mancava ancora il recupero e con disperazione mi butto in area di rigore, arriva un cross e ho segnato il 2-1. Nello spogliatoio ero felicissimo, mi ero salvato letteralmente in corner: vincere un derby così voleva dire tantissimo”.

I 18 ANNI IN SOCIETA’ – “Il mio successore? Il passaggio di consegne avverrà qui, per fare capire alle famiglie che cos’è il Toro. Sono sicuro che sarà un ragazzo all’altezza, la gente del Torino merita la professionalità. La mia esperienza in questi anni è stata unica e incredibile. Abbiamo iniziato questa esperienza io, Cairo e Comi. Dopo il fallimento il presidente ci ha dato fiducia, di questo lo ringrazio. Non ci siamo mai seduti: abbiamo sempre dovuto lottare. Cairo è una persona ambiziosa ed è giusto così. Non è facile essere riconfermati in questo mestiere, ma se una persona è valida è giusto che vada avanti” ha detto Benedetti.

Stadio Filadelfia di Torino

LE LACRIME DELLA CESSIONE – “Le due carriere, da giocatore e dirigente, sono state entrambe meravigliose. L’esperienza da calciatore mi ha dato tantissimo. Nel momento in cui sono stato venduto alla Roma, sarei voluto rimanere al Torino. Vi svelo un segreto: la sera della firma con la Roma, io e mia moglie ci siamo messi a piangere (il racconto si ferma per un istante, Benedetti ha la voce rotta dalla commozione, ndr). Ci dispiacque chiudere le porte a qui a Torino. Poi però, con il senno di poi, ho fatto un regalo facendo vincere la Coppa Italia. Da giocatore della Roma, feci di tutto per vincere, ma menomale che ha vinto il Torino. Ho sempre dato un consiglio alle famiglie: non pensate di avere un campione in casa. Si tratta di una grande opportunità. Cerchiamo di trasmettere sempre i valori del Toro, come hanno fatto i vari Vatta, Naretto, Marchetto e Ussello con noi. Il divertimento non deve mai mancare e non ci deve essere pressione, solo così si ottengono grandi risultati. I bambini non hanno colpe, vanno in campo per giocare e divertirsi. Spesso sono inquinati dagli adulti, troppo spesso si hanno pretese esagerate”.

LA FAMIGLIA – “Adesso inizio a fare quello che avrei dovuto fare quarant’anni fa: stare con la famiglia. Mi ha sempre accompagnato in questo percorso stupendo e mi hanno sempre sostenuto per svolgerlo nel migliore dei modi. Ogni tanto chiedo a mio figlio, che è del 92 e gioca a calcio, se si ricorda qualcosa, ma assolutamente no. L’altro invece studia medicina. Abbiamo tanto da fare e spero che anche i nipotini trovino la loro strada in serenità. E’ giusto dedicare anche a loro del tempo”.

“Grazie a voi, Sempre Forza Toro. Non finirà, il Toro è nel mio cuore. Questo è il mio ambiente, abito a 500 metri da qui e spesso e volentieri mi vedrete”.

Silvano Benedetti
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