23 Marzo 2025

Gianluca Petrachi, ex direttore sportivo di Torino e Roma, ha rilasciato queste dichiarazioni ai microfoni di Numero Diez: “La più complessa è la trattativa con cui abbiamo portato Cerci al Torino. L’avevo portato al Pisa: avevo Cerci, Kutuzov e Castillo, che fu anche capocannoniere. Cerci si ritrovava con me e con il mister: sapevamo quanto potesse essere importante e determinante. Ricordo molto bene anche quando ho preso Maxi Lopez. Era un giocatore che nessuno più voleva, aveva fatto 3-4 partite e il Chievo Verona se ne voleva disfare. Io ero su Pinilla, perché all’epoca eravamo in piena zona retrocessione e ci serviva l’attaccante. Pinilla sceglie il Torino, dall’apertura del calciomercato mi viene soffiato dall’Atalanta. Allora mi fiondo su Maxi Lopez. Naturalmente ero solo contro tutti, perché dicevano che ormai Maxi era un ex giocatore. E invece, a partire da gennaio fece 10/12 gol. Dalla zona retrocessione, ci ritrovammo in Europa”.

Su Bremer al Torino: “Ne ho subite di ogni quando è arrivato Bremer, anche perché 5 milioni per il Torino erano tantissimi. Noi eravamo abituati a spendere 2-3 milioni, quelli che ci avevano permesso di monetizzare con Darmian. Quando sono andato a vederlo in Brasile, Bremer era un ragazzino giocava poco, però mi colpì questa grandissima personalità, questa velocità, questa forza. Io ero andato lì anche per chiedere Verissimo. Dissi al Presidente: ‘Per Verissimo sarà difficile, perché il presidente del Santos sta giocando al rialzo, è arrivato a 10 milioni’. Alla fine prendemmo Bremer, anche se certamente andava lavorato. Inizialmente Mazzarri voleva un giocatore pronto da mettere subito dentro, invece Bremer non lo era. Infatti, non l’ha fatto giocare da subito, per sei mesi l’ha lasciato in panchina senza farlo mai debuttare. Una volta lo trovai al Filadelfia con i lacrimoni che mi diceva: ‘Direttore, non so più che fare, perché io mi impegno al massimo’. E poi, come tutte le situazioni, sono venuti meno due giocatori del reparto difensivo e Bremer è stato buttato dentro. Lui si è fatto trovare pronto e da lì è stato un crescendo. Sicuramente è una delle operazioni che mi ha gratificato maggiormente. Il direttore sportivo vive anche di queste cose: la più grande soddisfazione è vedere la prospettiva del calciatore”.

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